Santa Giuseppina Bakhita, sudanese naturalizzata italiana, da giovane schiava seppe diventare una suora molto amata e stimata nel Veneto di fine Ottocento, fino ad arrivare agli onori degli altari quasi un secolo dopo.
Bakhita nacque a Oglassa, in Sudan nel 1869 e a cinque anni fu rapita da mercanti arabi di schiavi, che la chiamarono Bakhita, parola araba che significa fortunata.
A Khartoum fu comprata da Callisto Legnani, console italiano residente in quella città, che la condusse nella sua casa, dove la ragazza lavorò per due anni, serenamente, lavorando con gli altri domestici senza essere considerata una schiava.
In seguito alla Rivolta Mahadista, nel 1884 il diplomatico italiano fuggì dalla capitale e Bakhita lo seguì con Augusto Michieli, amico di Legnani, al porto di Suakin sul Mar Rosso, dove s’imbarcarono alla volta di Genova.
In Italia, Michieli e la moglie chiesero a Bakhita di diventare bambinaia della loro bambina, Mimmina, nella loro casa di Zianigo, una frazione di Mirano.
I coniugi De Michieli si trasferirono in Africa, a Suakin, dove possedevano un albergo, lasciando la figlia Mimmina e Bakhita presso l’Istituto dei Catecumeni in Venezia, gestito dalle Figlie della Carità, dove la giovane serva ricevette un’istruzione cattolica.
Quando la signora Michieli tornò dall’Africa per riprendersi la figlia e Bakhita, l’africana le manifestò la sua intenzione di rimanere in Italia con le suore Canossiane, poi confermata il 29 novembre 1889 dal tribunale di Venezia.
Bakhita rimane nel convento delle Canossiane e il 9 gennaio 1890 fu battezzata con il nome di Giuseppina Margherita Fortunata, il 7 dicembre 1893 entrò nel noviziato dello stesso istituto e l’8 dicembre 1896 pronunciò i primi voti religiosi.
Nel 1902 fu trasferita in un convento dell’ordine a Schio, vicino a Vicenza, dove passo il resto della sua vita. come cuciniera e sagrestana.
Nel corso della Prima Guerra Mondiale, la giovane suora lavorò come aiuto infermiera, poi dal 1922 ebbe l’incarico di portinaia.
Su richiesta della superiora generale dell’ordine delle Figlie della Carità, nel 1930 fu intervistata a Venezia da Ida Zanolini, laica canossiana e maestra elementare, che nel 1931 pubblicò il libro Storia Meravigliosa.
La fama di Bakhita si diffuse cosi in tutta la penisola e furono molte le persone, le comitive e le scolaresche che si recano a Schio per incontrare la suora.
L’11 dicembre 1936, Bakhita con un gruppo di missionarie in partenza per Addis Abeba, fu ricevuta da Benito Mussolini nel Palazzo Venezia a Roma.
Suor Giuseppina Bakhita morì l’8 febbraio 1947 dopo una lunga e dolorosa malattia e venne inizialmente sepolta nella tomba di una famiglia scledense, i Gasparella, per poi essere traslata nel Tempio della Sacra Famiglia del convento delle canossiane di Schio nel 1969.
Il processo di canonizzazione iniziò nel 1959, a soli 12 anni dalla morte.
Il 1 dicembre 1978 Papa Giovanni Paolo II firmò il decreto dell’eroicità delle virtù della serva di Dio Giuseppina Bakhita, che venne beatificata il 17 maggio 1992 e canonizzata il 1 ottobre 2000.