Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.
(L’infinito – Giacomo Leonardi)
Dal 21 marzo a Recanati, a Casa Leopardi saranno aperti per la prima volta, dopo un lungo restauro, una parte del piano nobile e gli appartamenti, dove Giacomo Leopardi abitò assieme ai suoi fratelli.
Il palazzo Leopardi di Recanati si affaccia sulla piazzuola che prende il nome da una famosa lirica di Giacomo, Il sabato del villaggio.
L’attuale struttura colpisce per le sue linee semplici che si devono alle modifiche architettoniche eseguite nel Settecento dall’architetto Carlo Orazio Leopardi, prozio del poeta.
Negli altri lati della piazzuola sorgono la chiesa di Santa Maria di Montemorello, costruita da Pier Niccolò Leopardi nella seconda metà del Cinquecento, e l’edificio delle scuderie che ospitava alcune famiglie di domestici, fra cui quella di Teresa Fattorini, celebrata dal Poeta nel famoso canto A Silvia.
I giardini del complesso sono situati nella parte posteriore del palazzo e un tempo, la famiglia Leopardi possedeva anche gli spazi confinanti, fino a quando, nella prima metà del Quattrocento, li donò per la costruzione del Convento di Santo Stefano, ora sede del Centro mondiale della poesia.
Il primo piano, sopra le vecchie cantine, è occupato dalla Biblioteca, l’unica parte del palazzo aperta al pubblico poiché il resto dell’edificio è ancora oggi abitato dalla famiglia Leopardi.
Per accedervi si passa in un ampio scalone settecentesco, opera dell’architetto Carlo Orazio Leopardi, dove si possono vedere alle pareti alcuni reperti archeologici raccolti da Monaldo.
Tra due colonne al centro dello scalone si può ammirare l’architrave marmoreo con una scritta beneaugurante, unica testimonianza dell’antica struttura del palazzo.
Ove abitai fanciullo, il nuovo itinerario di visita, permetterà di vedere i saloni di rappresentanza del palazzo, alla galleria con le collezioni d’arte, il giardino che ispirò Le Ricordanze, il salottino dove i fratelli Leopardi s’intrattenevano e le camere private di Giacomo, fino alle Brecce, le camere fra i due giardini, di ponente e di levante, volute dal conte Monaldo per lasciare ai figli adolescenti indipendenza e intimità, con una serie di originali decori pittorici.
Dalla sua camera delle Brecce il poeta osservava la luna e le Vaghe stelle dell’Orsa, come le chiamava lui, e ascoltava il canto di Nerina, il suo primo amore.