Con una triplice inaugurazione in contemporanea, la galleria Raffaella Cortese a Milano ha presentato un nuovo spazio espositivo che va ad aggiungersi alla main gallery e al secondo spazio, tutti nella sede di via Stradella.
A inaugurare il nuovo spazio, il progetto inedito di Marcello Maloberti chiamato Marcello, dedicato alla scrittura, con una corposa raccolta di scritti dell’artista realizzati dal 1990 a oggi, presentati sotto forma di album sfogliabili e installati su dei tavoli-scultura minimalisti, che esplorano il potenziale immaginifico della parola che si sostituisce alla visionarietà dell’immagine.
L’evanescenza di una materia mutabile come la luce e la pregnanza profonda del buio sono i soggetti del lavoro fotografico di Kimsooja, presentato nella seconda galleria, dove l’artista coreana crea uno sconfinamento tra natura e uomo, luce e oscurità, oltre a un terzo spazio interiore dove sono superati i limiti tra esterno e interno.
Kimsooja è nata nel 1957 a Daegu, Corea e oggi lavora tra New York e Seoul.
L’artista ha esposto le sue opere in grandi musei e istituzioni come PICA Perth Institute of Contemporary Art (2018); Kunstmuseum Liechtenstein (2017); MMCA Seoul (2016); EMST National Museum of Contemporary Art, Athens, Greece (2016-2009-2005); Centre Pompidou Metz (2015); Guggenheim Museum Bilbao (2015); Collection Lambert en Avignon (2014); Vancouver Art Gallery (2013); Museum of Modern Art St. Etienne (2012); Kunsthal 44 Møen (2012); Perm Contemporary Art Museum (2012); Miami Art Museum (2012); Feldkirch Church and Kunstmuseum Lichtenstein (2010); National Museum of Contemporary Art Korea for the Yeong Gwang Nuclear Power Plant (2010); Atelier Hermes, Seoul (2009); Baltic Center for Contemporary Art, Gateshead, UK (2009); Hirshhorn Museum (2008); Fondazione Bevilacqua La Masa & La Fenice Theatre, Venice (2006); Crystal Palace of Reina So a Museum, Madrid (2006); Kunsthalle Wien (2002); Kunsthalle Bern (2002); Palazzo delle Poste, Trieste (2001); MoMA PS1 (2001). Ha partecipato a Kassel Documenta 14: ANTIDORON – The EMST Collection (2017) e a numerose Biennali: Busan (2016), Venice (2013, 2007, 2005, 2001, 1999), Gwangju (2012, 2001, 1995), Thessaloniki (2010), Moscow (2009) Whitney Biennial (2002), Lyon (2000), Sa~o Paulo (1997) and Istanbul (1997).
L’universo dell’infra-sottile nella mostra è indagato anche da Keren Cytter sul piano delle relazioni intime, per condividere lo stesso linguaggio delle passioni in una società che spettacolarizza il banale, il prosaico, il trash, con un nuovo lavoro filmico, Siren, dobe gli intrecci di amore, sesso, follia e morte sono restituiti attraverso l’utilizzo di un’estetica semplice delle immagini, come quelle realizzate con lo smartphone, che evidenziano la banalità imperante dei processi di massificazione e di circolazione della rappresentazione visiva.
Grandi pelli appese al soffitto, dove la Cytter ha disegnato in bianco e nero alcuni oggetti del filmato, formano un sipario evanescente, tra l’installazione video e il secondo progetto della mostra, con il video inedito Ocean, sul tema del tradimento della lotta all’Aids, dove per la prima volta è creato un rapporto face to face tra lo spettatore e il video.