Tra i monti della Valassina, sul Lago di Como, nel borgo di Magreglio, noto per il Santuario del Ghisallo e il Museo del Ciclismo, c’è una villa dove, agli inizi del Novecento, nacque il sogno dell’Alfa Romeo….
Nicola Romeo, il fondatore del marchio Alfa, era solo un ragazzo di origini campane, che si era laureato in ingegneria civile in Italia e in ingegneria elettrotecnica a Liegi, in Belgio, per poi lavorare presso la filiale milanese della società inglese Blackwell, che produceva materiale per scavi e sondaggi geologici.
Fu nel 1902 che Romeo partecipò ai lavori della linea ferroviaria Roma-Tivoli, installando in Versilia impianti per estrarre e lavorare il marmo e per le ferrovie applicò l’aria compressa nelle gallerie Roma-Napoli e Bologna-Firenze.
Nel 1904, l’ingegnere fondò la Ing. Nicola Romeo & C, per la costruzione e il commercio di macchine per l’industria mineraria di scavo.
E’ il 2 dicembre 1915 quando Nicola Romeo acquistò l’Alfa del Portello, che divenne Alfa Romeo & C. solo nel 1918, con Filippo Bastianelli, Edoardo Fucito, e Angelo Pogliani. Sindaci sono Carlo Casati, Antonio Masetti e Giovanni Miragoli.
Durante la guerra l’industria dell’auto fu trasformata in industria per materiale bellico e al Portello, vicino al capannone, dove nascevano le auto, Romeo fece erigere tre officine, dove in breve tempo si progettavano gruppi elettrogeni e compressori.
Alla fine del conflitto la produzione fu riconvertita in motori d’aereo, macchine agricole ed enologiche, ma la Bis deteneva quasi tutto il pacchetto azionario dell’Alfa Romeo, cosi Nicola progettò l’acquisto delle Costruzioni Meccaniche di Saronno dalla tedesca Maschinen Fabrik, delle Officine Tabanelli di Roma e delle Officine Ferroviarie Meridionali di Napoli.
Il rilancio della sezione automobilistica dell’Alfa Romeo avvenne nel 1922 con il motore Rl a 6 cilindri di 2916 cc, che portò al Biscione macinerà vittoria su vittoria alle corse, con i piloti Antonio Ascari, Giuseppe Campari, Enzo Ferrari e Ugo Sivocci.
Quando Sivocci, alla vigilia del Gran Premio di Monza, morì nel 1923 al volante della PI, Romeo, nonostante l’investimento di 5 milioni di lire per l’allestimento delle macchine, ritirò la sua squadra dalla competizione e neppure l’intervento di Benito Mussolini gli fece cambiare idea.
Il 1923 vide però anche l’arrivo a Milano di Vittorio Jano, che progettò la P2, velocissima macchina con cui l’Alfa Romeo vinse il Gran Premio di Francia e il Gran Premio d’Italia a Monza.
Ma l’autarchia di Mussolini, che proteggeva il mercato interno dalle merci estere, aveva preso piede, e il duce, poiché l’Alfa Romeo acquistava all’estero alcuni pezzi, richiamò tramite una lettera Nicola Romeo all’ordine.
Nel 1928 l’Alfa Romeo ideò delle macchine più piccole e scattanti, mentre Giuseppe Merosi, che dirigeva la progettazione delle auto da turismo, si ritira e Jano concentrò nelle sue mani tutta la progettazione con la 1500 a 6 cilindri, che vinse la Mille Miglia.
Il 28 maggio 1928 Nicola Romeo, per motivi non chiari, abbandonò l’Alfa Romeo e con lui Michele Nicolais, Angelo Gradi ed Edoardo Fucito.
Nel 1929 Mussolini nominò l’ingegnere senatore del Regno e Romeo, che si era trasferito da Milano a Roma, cercò invano di far capire in Senato l’importanza dell’industria aereonautica, agli esordi in Italia.
Ormai malato, Nicola Romeo si ritirò nella sua villa a Magreglio, quel piccolo paese della Valsassina che a Romeo dovette la costruzione di molte opere, come l’acquedotto locale.
La tomba di Nicola Romeo, che mori nel 1938, oggi si trova proprio nel piccolo cimitero di Magreglio.