Gianna Manzini nacque a Pistoia il 24 marzo 1896, da una famiglia della borghesia locale, dopo alcuni anni i genitori si separarono, a causa del contrasto tra le idee anarchiche del padre e il perbenismo della madre.
La separazione dei genitori lasciò un segno indelebile in Gianna, ancora più acuito dal rimorso per non essere stata vicina al padre che, dopo aver lottato contro il regime fascista, morì nel 1925 in seguito ad un’aggressione.
Dopo la separazione dei genitori, all’inizio dell’autunno del 1914, per completare gli studi la scrittrice si spostò con la madre a Firenze, dove frequentò i corsi di Letteratura all’università di Firenze partecipando al dibattito culturale nato alla fine della Prima guerra mondiale .
Durante la preparazione della tesi di laurea sulle opere di Pietro l’Aretino conobbe Bruno Fallaci, responsabile della terza pagina del quotidiano la Nazione, che sposò nel Natale del 1920.
Nel 1928 pubblicò il suo primo romanzo, Tempo innamorato, recensito da Emilio Cecchi, che attirò l’attenzione di André Gide e Valery Larbaud.
Incominciò a collaborare alla rivista letteraria Solaria, dove conobbe Arturo Loria, Alessandro Bonsanti, Prezzolini, De Robertis e il giovane Montale.
Nel 1930 Gianna fu l’unica donna scelta da Enrico Falqui e da Elio Vittorini per l’antologia Scrittori Nuovi, ma con il successo arrivò anche la crisi coniugale, al punto che nel 1933 si separò definitivamente dal marito, abbandona l’amata Firenze e con Enrico Falqui, il suo nuovo compagno si trasferì a Roma.
Dopo la seconda guerra mondiale con Falqui fondò la rivista Prosa, che ebbe un ruolo di primo piano nel dibattito sulla narrativa, ospitando scritti di Virginia Woolf, Thomas Mann, Jean-Paul Sartre e Paul Valéry.
Parallelamente al suo impegno letterario incominciò per la Manzini anche un’attività di cronista di moda, prima sul quotidiano Giornale d’Italia, poi sul settimanale Oggi, poi sulla rivista La Fiera Letteraria tenne una rubrica fissa, con gli pseudonimi di Pamela e Vanessa, tra articoli scanzonati, pensieri estrosi, distrazioni che concede a un impegno quasi assoluto.
Dopo la lunga e tormentata stesura del racconto Lettera all’Editore del 1945, che segnò il punto più alto del suo lirismo, alcuni anni più tardi, nel 1953, conobbe il giovane Pasolini e lavorò a un nuovo romanzo, La Sparviera, che nel 1956 si aggiudicò il Premio Viareggio, sulla malattia polmonare che aveva contratto da bambina e che la perseguitò fino alla morte.
Nel 1965, con Allegro con disperazione, vinse il Premio Napoli, ma gli spettri dell’infanzia tornarono nell’ultimo romanzo, Ritratto in piedi del 1971, che vinse il Premio Campiello e che le procurò una notorietà tardiva, e nell’ultimo volume di racconti, Sulla soglia, pubblicato nel 1973.
Gianna Manzini morì a Roma in solitudine il 31 agosto 1974, pochi mesi dopo la scomparsa del suo compagno Enrico Falqui.