La rocca di San Leo, in provincia di Rimini, si trova su un masso trasportato nel Miocene dal Tirreno verso l’Adriatico, con le pareti perimetrali scoscese e perpendicolari al suolo, che costituisce già di per sé una fortezza naturale.
I Romani, consapevoli di quest’attitudine, costruirono una prima fortificazione sul culmine del monte e, durante il Medioevo, la fortezza fu aspramente contesa da Bizantini, Goti, Franchi e Longobardi.
Berengario II, ultimo re del regno longobardo d’Italia, in questo luogo fu assediato da Ottone I di Sassonia, tra il 961 e il 963.
Intorno alla metà dell’XI secolo, da Carpegna scesero a San Leo, chiamata Montefeltro, i conti di Montecopiolo che, da questo feudo, trassero il nome e il titolo di conti di Montefeltro.
Nella seconda metà del Trecento, la fortezza fu espugnata dai Malatesti che si alternarono nel suo dominio ai Montefeltro fino alla metà del secolo successivo, poi nel 1441, il giovanissimo Federico da Montefeltro fu il protagonista di un’ardita scalata della Rocca.
Ma la fortezza con la sua struttura medioevale, composta di torri quadrangolari scarpate, disposte a protezione del mastio centrale, non era più in grado di sostenere la forza delle armi da fuoco.
Così Federico affidò al grande architetto e ingegnere senese Francesco di Giorgio Martini il compito di restaurare la rocca.
La nuova forma vide una risposta al fuoco secondo i canoni di una controffensiva dinamica per garantire direzioni di tiri incrociati, così i lati della rocca furono dotati di artiglieria e le vie d’accesso, defilate dalla traiettoria del fuoco nemico, vennero protette da avamposti militari.
Il forte di San Leo fu definito dal Bembo come un “fortissimo propugnacolo e mirabile arnese di guerra” ma anche come un ammirevole punto d’incontro tra natura e arte.
Nel 1502, Cesare Borgia, detto il Valentino, sostenuto da Papa Alessandro VI, riuscì a impadronirsi della fortezza ma, alla morte del Papa nel 1503, Guidobaldo da Montefeltro ritornò in possesso dei suoi domini fino al 1516, quando le truppe fiorentine capitolate da Antonio Ricasoli, aiutate da Leone X de’ Medici, penetrarono nella città e la fecero capitolare.
I Della Rovere ripresero San Leo nel 1527 e la tennero fino al cedimento del Ducato di Urbino sotto il dominio diretto dello Stato Pontificio nel 1631.
Dal 1631 la Fortezza divenne un carcere nelle cui anguste celle, ricavate dagli alloggi militari, furono imprigionati patrioti risorgimentali come Felice Orsini e liberi pensatori come l’alchimista palermitano Cagliostro.
Anche dopo l’Unità d’Italia, la fortezza continuò a essere un carcere, fino al 1906 poi, per otto anni, ospitò i militari fino al 1914.
Oggi la Rocca, ripulita dalle strutture ottocentesche che ne alteravano le linee rinascimentali, è tornata al suo splendore architettonico che ne fa una delle più note testimonianze di arte militare, in una cornice tra le più belle d’Italia.