Saverio Strati nacque a Sant’Agata del Bianco il 16 agosto 1924, ma interruppe gli studi dopo il conseguimento della licenza elementare per lavorare come muratore, ma continuò a coltivare una forte passione per lo studio e la lettura, leggendo opere come Quo vadis di Henryk Sienkiewicz, i romanzi di Dumas e I miserabili di Victor Hugo.
Al termine della seconda guerra mondiale, Strati riprese gli studi interrotti grazie all’aiuto finanziario di uno zio che risiedeva negli Stati Uniti, cominciando con una serie di lezioni private da alcuni professori del Liceo Galluppi di Catanzaro, oltre a leggere i grandi scrittori come Croce, Tolstoj, Dostoevskij, Verga.
Nel 1949 conseguì la licenza liceale classica e s’iscrisse all’Università di Messina dove, per assecondare la volontà dei genitori, seguì le lezioni di Medicina, ma dopo poco tempo passò alla Facoltà di Lettere.
In quegli anni, fondamentale fu l’incontro con il critico letterario Giacomo Debenedetti, che insegnava a Messina, e di cui Strati seguì le lezioni su Svevo e su Verga.
Spinto da un compagno di studi, nel 1953 fece leggere il racconto La marchesina a Debenedetti, che espresse un giudizio favorevole.
Incoraggiato da altri pareri autorevoli, Strati iniziò a lavorare ai primi racconti, poi pubblicati nel volume La marchesina, e che Debenedetti stesso portò l’anno successivo ad Alberto Mondadori, a Milano.
Sempre in questo periodo Strati iniziò a lavorare al suo primo romanzo, La teda.
Nel 1953 si trasferì a Firenze per preparare una tesi di laurea sulle riviste letterarie del primo ventennio del novecento e i suoi primi racconti apparvero sulle riviste Il Ponte, Paragone e sul quotidiano Il Nuovo Corriere.
Subito dopo aver completato La teda, Strati iniziò un secondo romanzo, Tibi e Tascia, e nel 1958 sposò Hildegard Fleig, una ragazza svizzera conosciuta a Firenze, e si trasferì in Svizzera dove visse fino al 1964, scrivendo i romanzi Mani Vuote e Il nodo, oltre a molti racconti.
Dal soggiorno elvetico, che Strati considerò la svolta nella sua narrativa, nacque anche il romanzo Noi Lazzaroni, che ricevette il Premio Napoli, pubblicato nel 1972.
Nel 1977, con il romanzo di formazione Il selvaggio di Santa Venere, sulla vita di un ragazzo nella Calabria del primo Novecento, lo scrittore vinse il Premio Campiello.
Nel 2009 Il Quotidiano della Calabria si fece promotore di una richiesta perchè fosse riconosciuti allo scrittore, che viveva in condizioni d’indigenza nel borgo toscano di Scandicci, i benefici della Legge Bacchelli, concessigli dal Consiglio dei ministri il 17 dicembre 2009, alla luce dei meriti artistici riconosciuti.
In omaggio a Strati nel 2010 la rivista letteraria Il Portolano ospitò un suo inedito, il racconto Le notti di Marisa, e gli dedicò un fascicolo monografico.
Saverio Strati morì nella sua Scandicci il 9 aprile 2014.