La Viticoltura in Alto Piemonte: una tradizione millennaria, vitigni autoctoni, un territorio unico e un microclima molto speciale
La viticoltura è un’attività diffusa in tutte le quattro province dell’Alto Piemonte. Fattori geografici, pedoclimatici e storici fanno di tutto il territorio vitato altopiemontese un caso veramente unico al mondo.
Il gradiente orografico che caratterizza l’intero paesaggio è molto marcato e supera i 4.500 metri di dislivello in uno spazio appena superiore ai 50 chilometri. Tale è la distanza che separa la pianura e le risaie dal Monte Rosa, con le prime che giacciono a poco più di 100 metri sul livello del mare e con il secondo che si erge oltre i 4.600 metri.
Al clima favorevole e tipico della zona prealpina italiana, con la sua estate calda e l’autunno mite, si aggiunge l’effetto protettivo della catena delle Alpi che tiene lontani i venti freddi del nord.
Allo stesso tempo in estate i vigneti godono dell’aria fresca che scende dai ghiacciai del Monte Rosa verso la pianura, garantendo le escursioni termiche necessarie alla formazione del ricco corredo aromatico delle uve.
Le DOC e DOCG in Alto Piemonte
In Alto Piemonte si distinguono tre aree principali, le Valli Ossolane, le Colline Novaresi e le Coste della Sesia, dove ognuna delle tre rappresenta una propria Denominazione di Origine Controllata.
Nelle Colline Novaresi, ovvero l’area che giace sulla sinistra orografica del fiume Sesia, si trovano poi incastonati altri gioielli della viticoltura altopiemontese come il Boca DOC, il Fara DOC, il Ghemme DOCG e il Sizzano DOC.
La stessa cosa vale per la sponda destra del fiume Sesia, dove insistono le Coste della Sesia, all’interno delle quali si distinguono il Bramaterra DOC, il Gattinara DOCG e il Lessona DOC.
La storia della viticoltura in Alto Piemonte
Nel Parco Naturale del Monte Fenera, a circa 800 metri di quota, vivono una dozzina di viti del genere “sylvestris”, ossia vite non domesticata, dove si distingue ancora l’individuo maschio da quello femmina e dove la propagazione avviene per seme: si tratta del più alto insediamento europeo di viti preistoriche e dell’unico insediamento di “sylvestris” nel nord ovest italiano.
Come testimoniano i numerosi ritrovamenti archeologici e gli scritti di Plinio il Vecchio la viticoltura in Alto Piemonte era già praticata dai Celti e dai Liguri e ben sviluppata in epoca romana.
Anche nel Rinascimento non mancano testimonianze scritte della qualità riconosciuta ai vini altopiemontesi, affermatisi sempre più fino ad essere considerati, nella seconda metà dell’800, tra migliori vini d’Italia e d’Europa.
Purtroppo di quel periodo è anche la diffusione della fillossera, terribile flagello che distrusse le viti europee e inflisse un duro colpo alla viticoltura altopiemontese.
La rapida industrializzazione che si sviluppò fin dagli inizi del ventesimo secolo causò un ulteriore declino delle aree vitate, fino a ridurle a pochissime centinaia di ettari. L’avvento delle DOC, a fine anni ’60, segnò finalmente l’inizio della ripresa, che oggi prosegue vigorosa, sostenuta dalle idee e dall’energia di giovani viticoltori.
Vitigni autoctoni e ricerca scientifica
Il Nebbiolo è senza dubbio il vitigno autoctono per eccellenza dell’Alto Piemonte. Studi recenti tendono a dimostrare che la culla del vitigno sia da ricercarsi in questa parte alta del Piemonte piuttosto che nelle aree più a sud della Regione.
Completano il quadro degli autoctoni alcune varietà quasi sconosciute, coltivate su un fazzoletto di ettari: la Vespolina, l’Erbaluce e l’Uva Rara o Bonarda Novarese, tutti vitigni che possono essere vinificati in purezza o concorrere a diversi uvaggi.
A partire dalla fine degli anni ’80 l’allora piccolissimo Alto Piemonte del vino è stato la culla della sperimentazione di nuove tecniche di difesa naturale della vite, contribuendo a sviluppare pratiche agronomiche che sono poi state adottate anche nelle grandi regioni viticole italiane e che oggi si indicano con l’espressione “lotta integrata”.
I suoli dell’Alto Piemonte
Caratteristiche realmente uniche contraddistinguono i suoli vitati delle quattro province dell’Alto Piemonte. La parte orientale dei colli biellesi un tempo era bagnata dal mare che poi lasciò il posto alla Pianura Padana: così si spiega l’origine marina dei suoli di quella provincia.
I vulcani insistevano invece sull’area collinare e montuosa della provincia di Vercelli e di parte di quella di Novara.
Ancora diversa l’origine dei colli novaresi, a volte indicati erroneamente come morenici, che si formarono per l’azione delle frequenti inondazioni provocate dagli scioglimenti primaverili dei ghiacciai del Monte Rosa, come indicano ancora i molti ciottoli di forma tondeggiante che si trovano dispersi nel terreno.
Infine la morena, rocciosa figlia dei trascinamenti dei grandi ghiacciai del Monte Rosa, diede origine ai suoli delle valli ossolane.
A completare questa già straordinaria complessità un fatto unico al mondo: tra le province di Vercelli e Novara emerse, all’epoca della formazione delle Alpi (tra 60 e 30 milioni di anni fa) la parte sotterranea di un supervulcano fossile (supervulcano della Valsesia) che era stato attivo circa 250 milioni di anni prima : la presenza di rocce e minerali degli strati profondi arricchisce in modo unico i suoli interessati da questo affioramento vulcanico.
Il supervulcano della Valsesia è l’unico supervulcano fossile conosciuto al mondo. Dunque terre di mare, di fuoco, d’acqua e di ghiaccio legate da un solo denominatore comune: l’acidità dei suoli.
Senza di essa la straordinaria ricchezza in minerali non risulterebbe assorbibile dalle viti e tutto il territorio dell’Alto Piemonte non rappresenterebbe un caso unico nel paesaggio mondiale.