Una maschera dalla storia davvero singolare…
Truffaldino per il Carnevale rappresenta il servo furbo e imbroglione oppure sciocco e pasticcione e nel corso del Cinquecento da personaggio funzionale allo svolgersi dell’intreccio fu una maschera autonoma, riconoscibile per il costume bianco e ampio con strisce nere.
In seguito divenne il primo Zanni, il servitore astuto e autore di intrighi complessi, e il secondo Zanni, sciocco e ingenuo, con il compito di divertire il pubblico con lazzi e giochi mimici molto simili a quelli di Arlecchino.
Nel suo percorso storico la maschera di Truffaldino ha incontrato la commedia di Goldoni Il servitore di due padroni, frutto della combinazione di elementi di ordine teatrale e culturale, strettamente debitori della genesi del mondo goldoniano.
Il servitore di due padroni è un canovaccio scritto nel 1745, rappresentato nel 1749 e pubblicato con nel 1753 presso Paperini, elaborato da Goldoni su invito di Antonio Sacco, un attore di fama internazionale noto per il ruolo di Truffaldino, partendo da un copione francese di successo, Arlequin de deux maîtres di Jean Pierre des Ours de Mandajor.
Nella rielaborazione goldoniana la struttura drammaturgica rimane ancorata al canovaccio tradizionale con due coppie di innamorati, due vecchi, due Zanni, una servetta e tre personaggi secondari, impegnati nello scioglimento di un intreccio ricco di travestimenti e falsi morti, sviluppato sul gioco degli equivoci alimentati da Truffaldino nel momento in cui si divide tra i due inconsapevoli padroni.
Dalla seconda metà del XIX secolo il canovaccio fu la punta di diamante nel repertorio di due grandi comici quali Emil Pohl che lo propose a Berlino nel 1845 e Heinrich Ludwig Schmelka che lo recitò dal 1850 al 1860.
Nel 1924 il grande regista Max Reinhardt affrontò il canovaccio goldoniano per una delle edizioni più importanti del Novecento, anteponendo al testo goldoniano un Prologo scritto dall’amico Hugo von Hofmannsthal.
L’espediente, che recupera la formula della scena della commedia adoperata dai comici italiani nel XVII e XVIII secolo, si nota dalla prima scena del Servitore, dalla quale lo scrittore austriaco recupera i personaggi di Pantalone, il Dottore, Smeraldina, il servo Pandolfo e Truffaldino affiancati da otto soggetti come una Donna, il Pedante, il Suggeritore e il Direttore di scena.
Sicuro di aver realizzato il suo migliore spettacolo comico, Reinhardt lo ripropose in altre situazioni altrettanto significative come al Festival di Salisburgo, da lui fondato nel 1920 con Hofmannsthal e Richard Strauss.
Nel 1947 si aprì al Piccolo di Milano il ciclo delle dieci edizioni del Servitore firmate da Strehler fino al 1997 e delle tre successive e a partire dalla prima versione il titolo si presenta parzialmente modificato, diventando Arlecchino servitore di due padroni.
L’azione si svolge in una settecentesca piazza italiana con rovine di monumenti grandiosi dove c’è una pedana sulla quale gli attori recitano la commedia, simbolo della grandezze italiane ora viste con un pizzico di nostalgia e di frustrazione del presente.
Nel 1963, con la quarta ripresa, Ferruccio Soleri subentrò a Moretti nel ruolo di Arlecchino.
Le oltre duemila repliche dell’Arlecchino strehleriano in tutto il mondo, oltre a produrre una identificazione della commedia goldoniana con i progetti del Piccolo Teatro, hanno rinnovato il teatro comico italiano e restituito all’attore grande dignità scenica, mentre le tournées della compagnia milanese hanno sempre ottenuto notevoli consensi di pubblico e di critica.