Nella giornata dedicata alle vittime di mafia, ricordiamo la figura di Boris Giuliano, un uomo che fece di tutto contro i clan palermitani…
Giorgio Boris Giuliano nacque a Piazza Armerina, in provincia di Enna, il 22 ottobre 1930.
Suo padre era un sottufficiale della Marina militare di stanza in Libia e per questo motivo il giovane Giuliano passò parte della sua infanzia nel paese nordafricano.
Nel 1941 la famiglia tornò in Sicilia stabilendosi a Messina, qui Boris seguì gli studi fino al conseguimento della laurea, senza però tralasciare lo sport e, durante il periodo universitario, arrivò a giocare nella Serie B di pallacanestro con la squadra CUS Messina.
Dopo aver vinto un concorso per diventare ufficiale di Polizia nel 1962 e aver portato a termine il corso di formazione, Giuliano chiese di essere assegnato a Palermo ed entrò a far parte della locale Squadra Mobile.
La sua carriera iniziò alla Sezione Omicidi, poi divenne vice-dirigente, fino a diventare dirigente nel 1976, oltre a conseguire una specializzazione presso la Fbi National Academy, ebbe inoltre meriti speciali e ricevette diversi riconoscimenti per le attività operative svolte.
Giuliano fu un brillante e determinato investigatore, nominato capo della Squadra Mobile di Palermo al posto di Bruno Contrada, suo amico fraterno.
Si occupò di molte vicende, in particolare della misteriosa scomparsa del giornalista Mauro De Mauro.
Nel 1970 De Mauro scomparve improvvisamente nel nulla e Giuliano si dedicò al caso con passione, percorrendo diverse strade, articolati scenari, lavorando su molte ipotesi di possibili moventi.
De Mauro scomparve dopo aver promesso di fornire notizie importanti al regista Francesco Rosi, che stava realizzando un film sulla vita di Enrico Mattei.
I Carabinieri indirizzarono le loro indagini su piste legate al traffico di droga, ma Giuliano, con i magistrati, approfondì la pista dell’attentato a Mattei e finì con l’indagare l’ambiguo avvocato Vito Guarrasi, oggetto di diverse indagini anche in altri ambiti.
Nel 1979 Giuliano indagò sul ritrovamento di due valigette contenenti 500.000 dollari all’aeroporto di Palermo-Punta Raisi, che si scoprì essere il pagamento di una partita di eroina sequestrata all’aeroporto J.F. Kennedy di New York.
Contemporaneamente a questa indagine, i suoi uomini fermarono due mafiosi, Antonino Marchese e Antonino Gioè, nelle cui tasche trovarono una bolletta con l’indirizzo di via Pecori Giraldi. Nell’appartamento i poliziotti scovarono armi, quattro chili di eroina e una patente contraffatta con la fotografia di Leoluca Bagarella, cognato del boss corleonese Salvatore Riina.
Inoltre in un armadio fu trovata una seconda fotografia che ritraeva numerosi mafiosi vicini al clan dei Corleonesi, come Lorenzo Nuvoletta, camorrista napoletano affiliato a Cosa Nostra.
Dopo la scoperta nell’appartamento di via Pecori Giraldi, arrivarono telefonate anonime al centralino della questura di Palermo, che minacciarono di morte Giuliano.
Nello stesso periodo, il coraggioso commissario fece una serie di ricerche su alcuni assegni trovati nelle tasche del cadavere di Giuseppe Di Cristina, capomafia di Riesi ucciso nel 1978, che portarono a un libretto al portatore della Cassa di risparmio con 300 milioni di lire intestati a un nome di coperture, usato dal banchiere Michele Sindona.
Per approfondire questa pista, Giuliano incontrò l’avvocato Giorgio Ambrosoli, commissario liquidatore delle banche di Sindona, che venne ucciso pochi giorni dopo l’incontro.
Il 21 luglio 1979, mentre faceva colazione in una caffetteria di via Di Blasi, a Palermo, Boris Giuliano fu ucciso da sette colpi di pistola sparati a distanza ravvicinata da Leoluca Bagarella.
Nel 1995, nel processo per l’omicidio Giuliano, furono condannati all’ergastolo i boss mafiosi Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Francesco Madonia, Giuseppe Calò, Bernardo Brusca, Nenè Geraci e Francesco Spadaro come mandanti del delitto Giuliano, mentre Leoluca Bagarella venne condannato alla stessa pena come esecutore materiale dell’omicidio.