Brarola, frazione della città di Vercelli, borgo che conta solo sette abitanti, ha la curiosa caratteristica di essere proprio sul confine tra le provincie di Vercelli, Novara e Pavia, un fazzoletto di buona terra, tra la Lombardia e il Piemonte.
Quarant’anni fa, Brarola contava un centinaio di residenti, fino ad arrivare a mille abitanti quando giungevano al borgo le mondine, ausilio indispensabile nella coltivazione del riso.
Gli attuali sette abitanti non si sentono più novaresi, vercellesi o pavesi, si sentono solo di Brarola.
Brarola non è un paesino fantasma e non deve diventarlo: si perderebbe così un mondo che i monaci Cistercensi, già nel XVII secolo, citavano come luogo perfetto per coltivare il riso.
Una bella chiesina con il suo piccolo campanile guarda le risaie, quasi con uno sguardo protettivo, non lontano, una fontanella, poche, piccole vie, due cortili, un cancello.
Oltre la provinciale il cimitero, solo, tra le risaie, forse il luogo più adatto a coloro che hanno dedicato la loro vita alla terra e ai suoi frutti.
Il cuore del paesino è la Cascina Brarola, nata a metà del secolo scorso, quando Bortolo e Ancilla Gasparotto credendo nella loro dedizione per la terra ed all’amore per i valori che ne sono sottesi, non si sono risparmiati per dare vita a un’azienda agricola che negli anni si è evoluta non solo nella coltivazione del riso, ma anche nella selezione delle varietà migliori, nel confezionamento, nella trasformazione dei prodotti derivati e nella vendita diretta al consumatore.
Oggi sono i figli dei due sposi che conducono l’Azienda Agricola Cascina Brarola, con la stessa voglia di fare e con la volontà di valorizzare e tramandare un patrimonio anche culturale.
Le terre della cascina sono ricche degli elementi che rendono i loro risi unici e pregiati, non si aggiunge nulla, tutto diventa buono naturalmente, con il riso grezzo da più di mezzo secolo, che da una decina di anni è trasformato in riso bianco, ottenendo così la massima qualità con Carnaroli, Baldo, Sant’Andrea e Vialone.