Uno dei porti simbolo dell’Italia e della Campania…
La fondazione di Napoli e del suo porto è nel contesto della colonizzazione greca, dopo la fondazione, nel VIII secolo a.C., della colonia greca di Parthenope sull’Acropoli di Pizzofalcone da parte dei Cumani, che alla fine del VI secolo a.C. edificarono Neapolis, nella zona della regione verso la valle del Sarno.
Il massimo sviluppo del porto si ebbe alla metà del V secolo a.C. in cui, grazie all’influenza ateniese, divenne uno dei più importanti del Mediterraneo, producendo uno sviluppo urbanistico che fu immutato sino alla metà del I secolo a.C
In età romana era presente un grande bacino ben protetto che occupava l’area di piazza Municipio.
Un documento del 1018 ha permesso l’individuazione di due porti, il primo, il portus Vulpulum, corrispondente al porto romano, il secondo, di ridotte dimensioni, chiamato portus de Arcina, occupava l’area di Portosalvo e arrivava fino a piazza Bovio.
Sotto la dominazione normanna, il porto conobbe un periodo di grande splendore, contrassegnato da enormi successi tanto in campo marittimo quanto nei traffici.
Durante il regno di Federico II i pisani stanziarono un punto commerciale in città, presso il portus Vulpulum, il quale fu chiamato porto dei Pisani e divenne fondamentale per i loro commerci.
Ma fu con l’avvento degli Angioini, nella seconda metà del XIII secolo, in particolare sotto il regno di Carlo I d’Angiò, che il porto si ampliò con il nuovo molo presso il Castel nuovo, detto angioino o grande.
In seguito Alfonso I di Napoli fece realizzare un braccio al molo grande diretto verso est, il cosiddetto braccio alfonsino, promosse inoltre la ricostruzione della torre di San Vincenzo.
Nel 1487 Ferrante d’Aragona incaricò Luca Bengiamo di costruire un faro, conosciuto come la lanterna del Molo, poi danneggiato nel 1495 negli scontri tra aragonesi e francesi e ricostruito sotto Federico I di Napoli.
Nel 1624 un incendio distrusse la lanterna e il vicerè duca d’Alba la fece ricostruire.
Sotto il Regno dei Borbone il porto fu uno dei più attrezzati e forti a livello europeo. Carlo III promosse un secondo prolungamento del molo grande.
L’Unità d’Italia invece segnò la storia del porto, che vide diminuire i suoi traffici e ridurre le sue attività sebbene a partire dal 1880 vennero realizzati i vari moli ampliando il porto verso est, il collegamento ferroviario con la stazione nonché i magazzini del deposito franco, costruiti tra il 1878 e il 1887 allargando il molo San Gennaro.
Ci fu anche l’elettrificazione del porto, affidata nel 1897 alla Società Generale d’Illuminazione, tramite la costruzione di una centrale elettrica presso la calata Porta di Massa.
Il declino durò sino ai primi del XX secolo, quando, grazie all’impegno di Francesco Saverio Nitti e l’Ammiraglio Augusto Witting, avviene finalmente la ripresa.
Nel 1911 nacque il cantiere navale Bacini e Scali Napoletani, oggi denominato Cantieri del Mediterraneo.
Il fascismo puntò su Napoli come porto di collegamento con i possedimenti coloniali, dotandola di nuove infrastrutture e di nuovi edifici come la Stazione Marittima, progettata nel 1932 e completata nel 1936 dall’architetto Cesare Bazzani, che prese il posto dell’antico molo grande e dei suoi prolungamenti verso oriente.
Per i lavori vennero abbattuti tra il 1932 e il 1933 i magazzini del deposito franco e la lanterna del molo, protagonista di moltissime vedute della città.
Dal 1935 al 1939 si provvide a eliminare il porto piccolo tramite insabbiamento, che derivava dall’antico porto di Arcina.