Un weekend da non perdere a Cannobio, sulla sponda piemontese del Lago Maggiore, con il 501esimo Anniversario del Miracolo della Santissima Pietà
Sabato 7 gennaio alle 17 ci sarà la Santa Messa solenne presso la Collegiata di San Vittore, presieduta da Franco Giulio Brambilla, Vescovo di Novara, con la discesa della reliquia della Sacra Costa, la processione verso il Santuario della Santissima Pietà, la celebrazione penitenziale e la conclusione dell’anno giubilare.
Alle 8.30 di domenica 8 gennaio è prevista la Santa Messa presso il Santuario della Santissima Pietà e alle 11 una Messa presieduta da Mario Delpini, Arcivescovo di Milano.
Verso le 15 ci sarà la celebrazione dei Vespri Ambrosiani e la processione di ritorno verso le collegiata di San Vittore, oltre alla conclusione con la risalita della reliquia della Sacra Costa, e alle 18 la Santa Messa in San Vittore
Lunedì 9 gennaio alle 18 si terrà la Santa Messa presso la Collegiata di San Vittore in memoria del Miracolo della Sacra Costa.
Lassù in cima alla sponda occidentale del Lago Maggiore c’è Cannobio. Splendido, romantico e storico borgo, immerso in un meraviglioso scenario naturale, incastonato com’è fra il lago e la montagna, a tratti aspra e selvaggia, delle valli che la circondano. Regala una delle più belle e lunghe passeggiate del Verbano, in pietra e acciottolato che attraversa elegantemente tutto il vecchio centro abitato, costituito da palazzi di varie epoche, dal ‘200 in avanti, con un susseguirsi di scalinate, porticati e volte.
Cannobio è anche il luogo, dove si svolge una delle più antiche feste sacre tradizionali dell’Insubria, quella dei “Lumineri”, celebrazione in memoria del “Miracolo della SS. Pietà”, che si tiene nella prima decade del mese di gennaio.
Un momento in cui fede, misticismo, contemplazione e rituale profano si fondono in ricordo del miracolo della “Sacra Costa” che avvenne ripetutamente tra gennaio e fine febbraio 1522.
Nella locanda di Tommaso Zacchei, la sera dell‘8 gennaio 1522, erano presenti alcuni avventori. La moglie del proprietario, Elisabetta era in cucina con le due figlie, la più piccola, Antonietta di tredici anni, viene mandata al piano superiore per prendere tovaglie e altro che serve per gli ospiti. La bambina sale, il suo occhio è attirato dal quadretto dell’Addolorata, appeso alla parete, di fronte alla scala. Un piccolo dipinto su pergamena, raffigurante Cristo in Pietà tra Maria e Giovanni. La piccola Antonietta si accorge che sta succedendo qualcosa di strano, nota del sangue sgorgare dalle tre immagini dipinte. Vede piangere lacrime di sangue e sangue vivo, uscire dalle cicatrici delle mani e del costato di Gesù. Chiama subito la madre. I resoconti dell’epoca dicono che accorsero anche molte persone, tutti i presenti poterono costatare che dal Cristo dipinto sgorgava effettivamente del sangue vivo, non solo, anche la Madonna e San Giovanni piangevano lacrime di sangue. L’episodio si protrarrà per circa un’ora.
Un numero maggiore di persone, poterono assistere a un secondo miracolo, alcune ore dopo, quando la mano della Madonna si mosse verso la ferita del costato di Gesù, che si protese in avanti, come se vivesse realmente in quel dipinto, il quadro prese a oscillare e la pergamena ad accartocciarsi come tra spasmi di dolore.
La seconda sera, 9 gennaio, poco dopo il tramonto, presenti molte persone, il costato di Gesù si gonfiò e in misura proporzionata al quadro, ne uscì una piccola costola tutta insanguinata, con aderenze di carne intorno. La piccola costola, cadde poi sulla tovaglia distesa su una cassapanca posta sotto il quadretto. La fuoriuscita della costola portò anche allo sgorgare di sangue in misura così abbondante da bagnare gli abiti dei presenti. Il reperto venne visto da molte persone ed esaminato dal medico del paese, il dott. Luigi Mantelli. La Sacra Costa venne raccolta dai sacerdoti locali, posta in un calice consacrato, portata con solenne processione alla Chiesa parrocchiale di S. Vittore, dove è conservata ancora oggi. Venne poi racchiusa in un prezioso reliquiario che il cardinale Federico Borromeo donò nel 1605. Il tutto viene notificato dal notaio Bartolomeo Albertini, il quale non solo assistette direttamente alle lacrimazioni e alle varie essudazioni di sangue, ma riportò il tutto per scritto dettagliatamente.
Le vie del borgo, non erano illuminate e al passaggio della prima processione, i cannobiesi, aprirono le finestre e sporgendo i lumi a olio e le candele illuminarono le vie che erano percorse con le reliquie, accompagnate da canti e salmi.
Il 10 Gennaio, alle ore 17, si rinnovò ancora il miracolo delle lacrime di sangue
Fra la grande moltitudine di persone accorse, anche i conti Borromeo, uno dei quali sarà poi vescovo. Il miracolo si ripeté ancora il 28 gennaio alle ore 19, il 4 febbraio alle 12 e tra la notte del 27 febbraio. L’ultima volta fu dopo la mezzanotte del 28 febbraio del 1522, quando il corpo di Gesù si mostrò insanguinato come se fosse stato flagellato da poco. Anche questa volta un notaio ad assistere, Giacomo Poscolonna, che con Albertini redisse un atto notarile, concernente la deposizione giurata dei testimoni oculari.
La notizia si sparse subito ed ebbe vasta eco, nel giro di pochi giorni la saletta della locanda degli Zacchei, si trasformò in luogo di culto e devozione attirando persone che arrivavano da ogni parte.
Il 25 gennaio, ad appena diciassette giorni dal primo miracolo, la Curia di Milano inviò dei delegati per interrogare alcuni testimoni, tra coloro che avevano rilasciato le deposizioni giurate registrate nell’atto del notaio Bartolomeo Albertini. Nel 1526 la locanda di Tommaso Zacchei, venne abbattuta, per far posto a un piccolo santuario, che San Carlo Borromeo visitò nel 1571 e, considerandolo troppo modesto, ordinò all’architetto Pellegrini di sostituirlo con l’attuale. San Carlo ritornò poi a Cannobio il 31 ottobre 1584, e vi celebrò la sua penultima Messa. Nel reliquario murato dentro l’altare maggiore del Santuario, si trova tuttora un “sudario” con l’effige di Cristo, i panni macchiati di sangue miracoloso (tovaglia, lenzuola, grembiuli, brandelli d’abiti). La reliquia del quadro sanguinante è conservata in una teca a parte, alla vista dei pellegrini. Nel 1922, fu eseguita un’analisi per opera di Padre Agostino Gemelli, il quale accertò presenza di sangue umano.
Per ricordare l’evento miracoloso, ogni anno a Cannobio si tiene questa festa che è nota con diversi nomi: “Festa del Miracolo”, “La Sacra Costa”, “Festa dei lumineri” o ancora “Festa delle luganighe” per via del piatto tradizionale che veniva servito alla locanda Zacchei, la sera del primo evento straordinario.
Dopo la processione è tradizione che sia nelle abitazioni private, che nei ristoranti e alberghi della zona, si ceni sempre alla luce dei lumini, consumando il pasto tipico della sera in cui si verificò il miracolo della “Sacra Costa”: pasta e fagioli, seguite da patate e verze con le “luganiga”, ovvero la classica salciccia di carne bovina o suina. L’atmosfera notturna del centro dell’alto Verbano piemontese è resa così ancora più unica, suggestiva e intrigante dalle migliaia di lumini che ornano e illuminano le vie e le abitazioni della località, con il fascino aggiunto di quelle poste sulle barche nel porticciolo e al largo. Immaginarsi una cittadina già attraente e incantevole di giorno, illuminata solamente dalla fiammella di oltre diecimila lumini è difficile, va vista, assaporata e basta. E poi, se riuscite, raccontate l’emozione che vi ha lasciato questo connubio di sacro, mistico e profano.