A Schignano, sul lago di Como, il Carnevale 2024 inizierà alla mezzanotte tra il 5 e il 6 gennaio, per poi culminare nelle tre parate in maschera che si terranno in giornate diverse del mese di febbraio, l’ultima delle quali corrisponde al martedì grasso.
Storico, particolare e radicato è il Carnevale che si svolge nella Val d’Intelvi, in quel di Schignano, paese formato da diverse frazioni, abitato abitualmente da 900 persone, posizionato a 650 metri d’altezza, in una conca a ridosso delle vette della zona che arrivano a quota 1400, per un territorio che fa da spartiacque tra il Lago di Como e quello di Lugano.
Un Carnevale che vede le sue radici perdersi veramente nella notte dei tempi. Da secoli è un periodo di festa molto sentito e celebrato con entusiasmo dalla comunità della Val d’Intelvi, nel passato segnava un momento spartiacque importante, era l’inizio dei lavori nei campi e il momento del saluto alle persone che dovevano partire per luoghi di lavoro lontani, per tornare poi solo verso la fine di novembre.
Molte sono le caratteristiche che lo rendono unico. Dura quasi due mesi, dall’Epifania alla Quaresima, non ha carri allegorici, non partecipano donne e l’unica figura femminile prevista è interpretata da un uomo, che è anche la sola persona che può parlare durante la manifestazione. Il tutto rigorosamente in lingua locale, l’unica ammessa ufficialmente.
I partecipanti hanno maschere in legno lavorato e sono il vero centro di questa manifestazione carnevalesca, basata sulla contrapposizione dei belli con i brutti, tra ricchi e poveri.
Noi giorni di festa, si comincia ancora prima dell’alba, con i partecipanti che girano con fiaccole e lanterne per le vie del paese, svegliando le persone con un sorso di grappa. E si continuerà poi per tutto il giorno.
Da anni, turisti, scolaresche, università e studiosi di ogni parte accorrono per assistere a questo incredibile viaggio nelle tradizioni e memorie di un’intera vallata.
La prima particolarità come detto, è data dalla sua lunghezza, infatti, come da antica tradizione, le manifestazioni iniziano già il 5 gennaio e proseguono fino a raggiungere il loro clou, nelle giornate di sabato e martedì grasso, seguendo il calendario del rito cattolico romano.
Si inizia con “La Vegeta” al 5 gennaio, la festa dei giovani di Schignano che durante l’anno diventeranno maggiorenni. Un retaggio delle vecchie tradizioni, una sorta di rito d’iniziazione e di presentazione nel mondo degli adulti.
I ragazzi si trovano in piazza San Giovanni, nella frazione di Occagno per l’atto conclusivo della “Vegeta”, un tempo, il saluto del paese prima del “partir soldato”. Vengono poi fatti sfilare per le vie e le frazioni che compongono il paese, vestiti con la divisa militare, seguiti da una processione di amici e parenti, oltre che da un antico organo, ridipinto dai coscritti, trainato da un mulo; il corteo ha come colonna sonora la “fugheta” suonata da alcuni elementi della banda di Schignano. I ragazzi visitano tutte le case per raccogliere offerte, in cibo e bevande, per la loro cena. Mentre le ragazze si occupano di allestire la sala feste.
Una volta finito il giro, i ragazzi si ritrovano tutti nella sala feste, e cominciano a ballare con le tipiche “munfrine”, ovvero i balli tipici della valle d’Intelvi, tramandati da generazioni.
Allo scoccare della mezzanotte tra il 5 e il 6 gennaio, avviene il passaggio di consegne tra la “Vegeta” e lo storico Carnevale con l’arrivo dei Brut e dei Mascarun, con loro tutto il resto degli abitanti.
Da questo momento il Carnevale di Schignano può partire ufficialmente per i suoi quasi due mesi di festa.
I coscritti si ritirano per la cena con genitori e parenti, ma dovranno stare svegli tutta la notte per partecipare poi alla messa dell’Epifania, dalle 10 in chiesa parrocchiale.
Contemporaneamente il Carlisep (el Zep), un fantoccio che ha le fattezze di un giovane e che simbolizza il Carnevale, viene collocato nella piazza principale, fino al termine delle manifestazioni che segnano l’inizio della Quaresima.
L’altra caratteristica che lo rende famoso è data dalle rarissime e particolari maschere in legno, materiale a disposizione da sempre nei boschi circostanti. Maschere portate sul volto in modo da nascondere completamente l’identità di chi si traveste.
Alcune, tra le più preziose, sono fatte in radica di noce, realizzate con certosina pazienza da artigiani locali, che le producono in pochissimi esemplari. Per realizzarne una occorrono decine e decine di ore, alcune anche una settimana e più di lavoro fatto a mano, venendo poi conservate e tramandate di famiglia in famiglia. Molte di queste risalgono addirittura al 700, e sono considerate dei veri e propri tesori, non solo dalle stesse famiglie ma da tutti quegli istituti e associazioni che si occupano di antropologia, storia e costumi.
Le maschere sono il centro di questa manifestazione carnevalesca, basata sulla contrapposizione dei belli con i brutti, tra ricchi e poveri. I belli sono i “Mascarun”, rappresentando i “signori del paese”, hanno maschere di colore chiaro, più curate, rifinite, dai lineamenti dolci. In testa un cappello rivestito da fiori colorati e completato dai bindèi un fascio di nastri colorati che si allungano sulla schiena. Abiti multicolori con pizzi, merletti, foulards, sfoggiano collane e altri oggetti preziosi, sontuosi bastoni e ombrellini sgargianti. Sono riconoscibili anche per una grossa e prominente pancia (il bùtasc), sintomo del benessere.
Vogliono apparire, ostentare la ricchezza, si muovono con fare signorile nel corteo e tra la gente che assiste, si pavoneggiano, richiamano continuamente “i brutt” per i loro comportamenti e ad annunciare il loro arrivo, il suono di 4 campane legate in vita, dette brunz.
“I Brut” portano invece in scena il “povero”, quello che vive della vita agreste, che emigra o al limite fa lo sfrusadur, ovvero l’andare di frodo, cioè fare il contrabbandiere con la Svizzera per mantenere la famiglia. Hanno maschere scure in legno, intagliate a mano in maniera appositamente più grezza, dai lineamenti marcati, forti a volte con bocche storte e denti mancanti. Vestono abiti dimessi, spesso anche sacchi di juta, imbottiti di paglia, ricoperti da stracci e foglie, gli attrezzi contadini di una volta.
Portano scope, gerle, bricolle o una valigia con poche cose vecchie che trascinano come quella dei migranti di una volta. Il loro arrivo è annunciato da pesanti campanacci, dette cioc. Il loro costume spesso finisce con il pesare molti chili. Catturano l’attenzione dei numerosissimi presenti con balzi e cadute, andando a infastidire i presenti, subendo poi i richiami continui dei “Mascarun”, per il loro comportamento goffo e sgraziato.
Tra i personaggi compare anche la Ciocia, ovvero la moglie-serva del “Mascarun” legata strettamente a lui da una corda. Con la sua voce stridula, è la sola ammessa a parlare, in dialetto, durante i cortei del Carnevale di Schignano, sempre petulante e polemica. Tassativamente rappresentata da un uomo con il volto marcatamente truccato, abiti di un tempo: calze di lana, zoccoli, gonna lunga, camicia scialle di lana e fazzoletto in testa e zoccoli di legno. Porta una cesta con della lana, il fuso e la rocca, a sottolineare che lei lavora sempre e comunque, nonostante debba seguire il marito.
Si aggira tra i presenti lamentandosi delle angherie e dei soprusi del marito, ma non dimentica battute sulla politica del paese e non, su persone del luogo o vip, mai citate direttamente, ma chiaramente riconoscibili, coinvolgendo gli spettatori.
Vorrebbe scappare e inveisce contro il marito che la tiene invece legata a sé, mentre corteggia altre donne. “I brut” ogni tanto provano a liberarla e alcune volte ci riescono, tra l’ilarità generale.
Troviamo poi altre due figure “i Sapeur e la Sigurtà”. I primi hanno il volto nero, scurito dalla fuliggine, a contrasto abiti in pelle di pecora con un cappello alto. Hanno barba, e baffi lunghissimi e bianchi, portano una borraccia e un’ascia di legno; si muovono da gendarmi con passo marziale. Una figura che ricorda gli antichi Celti o Vichingi, nelle raffigurazioni iconiche.
I Sapeur, il sabato e il martedì grasso, sono chiamati ad aprire e sorvegliare il corteo subito dietro alla Sigurtà. Maschera che porta un cappello militare, un mantello e con una fascia recante la scritta “sigurtà”, rappresentando l’autorità e la legge.
Ultimo personaggio è il Carlisep (el Zep), un fantoccio che rimane appeso, per tutto il tempo del Carnevale nella piazza principale. Nel pomeriggio dell’ultimo giorno delle manifestazioni, il martedì grasso, si trasforma improvvisamente in maschera vivente, scappando per tutte le strade di Schignano, per sfuggire al rogo, inseguito da tutti.
E’ immancabilmente ripreso, e dopo la cena viene portato in processione dai coscritti che allo scoccare della mezzanotte, lo bruceranno in Piazza San Giovanni, decretando così la fine del Carnevale.
In quest’occasione è impossibile non citare il cantautore lariano Davide Van De Sfroos che con la canzone El Carnevaal de Schignan, contenuta nell’album Yanez del 2011, racconta proprio di quest’antica tradizione, dando ulteriore impulso alla sua diffusione. Il brano è inoltre contenuto nella colonna sonora del film “Benvenuti al Nord” del 2012.
Carnevale raccontato anche con immagini dal fotografo comasco Mattia Vacca, che dalla sua ha collaborazioni con i maggiori quotidiani Italiani e magazine internazionali. Dalla fine del 2011, ha portato avanti il progetto durato anni denominato “A Winter’s Tale”, uno studio sul Carnevale di Schignano, per il recupero e per tramandare le tradizioni più vere.
Nel 2010 è stata fondata l’associazione M.A.SCH.E.R.A. (Mascherai Artisti Schignanesi Estimatori Ricercatori Associati) che riunisce le persone che nutrono interesse e passione per il carnevale e le sue tradizioni.
Associazione che permette di scoprire e conservare il patrimonio culturale del carnevale schignanese in paese con l’esposizione dei manichini con le maschere del Carnevale in via Portico, nella frazione di Occagno e ha pubblicato “Il Carnevale degli Schignanesi – Emozioni sotto la maschera”.
Ha indetto e ospitato un suggestivo appuntamento internazionale che unisce tradizione e cultura dei carnevali con le maschere in legno dell’arco alpino ma non solo. Sono, infatti giunti scultori e artisti da Austria, Ungheria, Slovenia, dal Tirolo Austriaco (Imst, Nassereith, Thaur), dal Friuli (Tarcento e Rodda), dal Veneto (Fornesighe e Zoldo), dal Trentino (Moena) e dalla Sardegna (Mamoiada).
Le manifestazioni del Carnevale di Schignano, fanno parte del R.E.I.L. (Registro delle Eredità Immateriali Lombarde), progetto di valorizzazione, salvaguardia e promozione dei beni immateriali, saperi tradizionali e pratiche rituali della Regione Lombardia.