Domenica 7 gennaio parte la sedicesima edizione della sagra dei Canunsei de Sant’Antone, manifestazione organizzata dalla Parrocchia e dall’Amministrazione Comunale di Castelcovati, in provincia di Brescia, in onore del patrono Sant’Antonio Abate.
La manifestazione, in programma dal 7 al 21 gennaio, è un’opportunità unica per mantenere viva l’identità e raccontare la memoria collettiva del paese, nelle sue più note tradizioni culturali, sociali, artistiche e folcloristiche.
Ma l’intenzione resta quella di valorizzare la gastronomia tipica covatese attraverso la promozione della ricetta più genuina e rappresentativa i canunsèi de Sant’Antone, una variante locale dei più conosciuti casoncelli, piatto tipico lombardo.
L’inaugurazione è prevista per mercoledì 10 gennaio dalle 19 presso il tendone dell’Oratorio di Castelcovati, in via Sant’Antonio.
Il momento più atteso è quello di domenica 14 e 21 gennaio, quando un gran numero di bancarelle coloreranno la piazza, con prodotti enogastronomici, di artigianato locale e di hobbismo e per tutta la durata della sagra di Sant’Antonio anche i ristoranti covatesi aderiranno con menù a tema alla promozione del piatto tipico dei canunsèi.
Non mancherà il piatto bresciano per eccellenza, lo spiedo, che sarà celebrato il 14 gennaio anche con la classica gara di spiedo.
Chiamata in passato Castrochovatorum, secondo alcuni studiosi il nome di Castelcovati deriverebbe dal toponimo dal latino Castrum, cioè villaggio fortificato, e dalla nobile famiglia dei Covato, signori del posto.
In realtà questa ipotesi non è molto accreditata, poiché il nome del borgo figura in documenti anteriori alla dominazione dei Malatesta, mentre i Covati sono citati negli elenchi dei nobili bresciani solo a partire da epoca posteriore, ma ciò dimostra che ancora oggi l’origine del toponimo rimane un mistero, nonostante i numerosi tentativi fatti per rintracciarne le radici.
Dalla seconda metà del XII secolo e per quasi tutto il Medioevo il borgo fu parte dei possedimenti dei monaci cluniacensi di Rodengo, passando dal Quattrocento sotto la repubblica di Venezia, che la inserì nella quadra di Castrezzato.
La sua storia dopo il declino della Serenissima non si discosta da quella dei territori circostanti che, dopo l’occupazione napoleonica e i moti risorgimentali, presero parte alle vicende politiche e militari della seconda metà dell’Ottocento e della prima del Novecento.
Negli anni Trenta vi venne nominato come podestà un notaio e, secondo le cronache del tempo, era allora dotato di un asilo infantile e di una casa di ricovero per le vedove.
Il patrimonio del paese è costituito dalla chiesa dell’Addolorata, con pregevoli affreschi pre-rinascimentali, e dalla parrocchiale di Sant’Antonio, edificata nel Quattrocento e nella quale è possibile ammirare una Via Crucis del XVIII secolo.