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Tra cibo e ritualità, religione e anche magia c’è un legame molto antico e la tradizione dell’acqua di San Giovanni appartiene proprio a questo ambito.

Decotti, infusi e pozioni varie si sono tramandati per generazioni come unici rimedi per malanni e disturbi vari, in particolare nei momenti dell’anno particolarmente carichi di simbolismi e ricorrenze, collegati soprattutto a ciclicità astronomiche che si riverberano in quelle religiose, come la notte che precede la festività di San Giovanni Battista.

È tra il 23 e il 24 giugno, infatti, che si prepara l’acqua, proprio nel momento ideale perché si carichi delle energie del solstizio.

Si tratta di una storia che parte dai riti dell’antichità classica, che a pochi giorni dal solstizio d’estate del 21 giugno celebravano il sole nel momento del suo splendore,  alle pratiche pagane con falò accesi durante la notte per allontanare spiriti maligni e streghe, riunite nel sabba più potente dell’anno) fino ad arrivare alla festa cattolica di San Giovanni Battista del 24, patrono di Firenze e di molte altre città.

Tutte queste occasioni vedevano cibi e ricette con un comune denominatore, quello di assorbire dalla natura il massimo dell’energia, nei frutti nascenti, nelle erbe spontanee, come nella rugiada del primo mattino, che si diceva  avessero effetti particolarmente benefici, se non prodigiosi, come la prescrizione di cogliere le noci ancora acerbe con il loro mallo durante la nottata, da parte delle donne, che le avrebbero messe in infusione per preparare il nocino da consumare poco prima di Tutti i Santi.

C’era anche la ricetta dei tortelli emiliani di San Giovanni, preparati con erbette selvatiche colte all’alba del 24 e a Roma, invece, è ancora consueto preparare le lumache, anch’esse benedette dalla prima rugiada del mattino.

Proprio per raccogliere e amplificare i poteri della rugiada si è iniziato a preparare l’acqua di San Giovanni, per  tenere lontane siccità e tempeste fatali alle coltivazioni, come anche a purificarsi da possibili influenze negative.

Il rituale dell’acqua è stato poi incorporato nelle celebrazioni di San Giovanni Battista, che in questo ambito ha trovato un ruolo per il mondo cattolico.

Questo infuso deve essere preparato lasciando per una notte a macerare un assortimento di erbe e fiori spontanei colti dopo il tramonto del 23, da usare poi per detergere viso e mani la mattina dopo.

Tra i fiori da usare ci sono l’iperico, detto anche Erba di San Giovanni, in quanto fiorisce proprio intorno al 24 giugno, lavanda, assenzio, finocchietto selvatico, malva, verbena, rosmarino, rosa, menta, salvia, camomilla, passiflora e sambuco.

Secondo la tradizione, si devono cogliere fiori ed erbe dopo il tramonto del 23 giugno, scegliendo tra le piante a disposizione, poi il  raccolto si mette in una bacinella colma d’acqua da lasciare all’aperto per tutta la notte, in modo che riceva la rugiada dell’alba.

Infine la mattina del 24 si utilizza l’acqua aromatizzata di San Giovanni per lavare mani e viso, ma la rimanenza non va buttata, deve essere regalata a un amico.