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Nel 1894 il Comitato Olimpico aveva deciso che le seconde Olimpiadi moderne, dopo quelle di Atene, si sarebbero disputate a Parigi nel 1900, quando ebbe luogo la terza Esposizione Universale, e i Giochi finirono per essere una delle tante manifestazioni collaterali.

Gli organizzatori dell’Esposizione Universale, ai quali fu delegata la costruzione delle strutture sportive, non fecero nulla, così quando si arrivò al giorno dell’inaugurazione non esistevano né stadio né piste né villaggio olimpico.

Si cercò di rimediare ma spesso non si poterono evitare problemi, per esempio in occasione della gara di lancio del disco, disputata in un prato circondato da alberi,  dove i dischi si perdevano nelle fronde.

Tutte le competizioni si svolsero in sedi inadeguate, ad esempio  le corse di atletica furono disputate su una pista per cavalli, le gare di nuoto e quelle di canottaggio nella Senna, il concorso ippico in una elegante via del centro cittadino.

Inoltre, non esistendoci tribune, il pubblico gironzolava per i campi di gara, ostacolando il corretto svolgimento delle competizioni.

Le Olimpiadi parigine fecero registrare però una novità significativa, cioè la partecipazione delle prime atlete donne, impegnate nel tennis e nel tiro con l’arco e poi crebbe notevolmente il numero complessivo degli atleti, che oltrepassò il migliaio, in rappresentanza di 20 nazioni.

Furono introdotte anche nuove discipline sportive, come calcio, rugby, pallanuoto e vela, ma avvennero anche degli spiacevoli episodi, come la rissa in cui degenerò la finale di pallanuoto, nella quale le due squadre, Inghilterra e Francia, e l’arbitro tedesco, pretendevano di interpretare le azioni di gioco secondo le regole vigenti nel loro paese.

Nell’atletica leggera, come ad Atene, dominarono gli americani, tra i quali emerse la figura di Irving Baxter, vincitore nel salto con l’asta e nel salto in alto e Alvin Kraenzlein si aggiudicò ben 4 medaglie: nei 60 m piani, nei 110 e 200 a ostacoli e nel salto in lungo.

Straordinaria è la storia di Ray Ewry  che, pur affetto dalla poliomielite, conquistò tre ori nei salti da fermo (triplo, alto, lungo) grazie ad un estenuante allenamento giornaliero e grazie a una volontà fuori dal comune.

Anche l’Italia, pur rappresentata da atleti a titolo individuale, visse i suoi momenti di gloria, infatti il conte Trissino si aggiudicò ex-aequo il titolo, il primo in una competizione olimpica, in una curiosa specialità poi scomparsa, il salto in alto a cavallo e Antonio Conte vinse invece il concorso di sciabola per professionisti,  categoria riconosciuta solo a Parigi.

Nonostante le strutture inadeguate, i risultati tecnici delle gare furono molto superiori a quelli di Atene, a testimonianza dei miglioramenti nei sistemi di allenamento.