AGO5581

Trasmettere, ma trasformare e il cuore di A Seed Under Our Tongue, la mostra di Saodat Ismailova, a cura di Roberta Tenconi, che fino  al 12 gennaio 2025 è allestita al Pirelli HangarBicocca di Milano.

L’esposizione è la prima mostra antologica in Italia dedicata a Ismailova, una delle artiste contemporanee più innovative che lavora tra cinema, suono e arte visiva, documentando i saperi ancestrali e la memoria collettiva.

A Seed Under Our Tongue prende spunto da una leggenda locale della terra d’origine di Ismailova,un racconto in cui un seme di dattero nascosto sotto la lingua di una figura mitica sarebbe stato tramandato fino a giungere al più importante mistico dell’Asia centrale che avrebbe fondato una foresta di noci sua omonima;.

Ed è l’aspetto del veicolare e del trasmettere un tema ricorrente nell’opera di Ismailova, che contiene in sé anche le nozioni di ciclicità e circolarità, con la speranza che si possa ritrovare qualcosa di quello che si è perso in altre forme, in altri tempi e in altri spazi.

In questo orizzonte di complementari e multiple concatenazioni, la mostra riunisce dodici opere  che riflettono sia sul concetto di trasmissione sia sulle sue intrinseche implicazioni.

La prima opera è Stains of Oxus (2016), film che segue il corso del fiume Amu Darya/Oxus, raccogliendo i sogni delle persone che vivono lungo le sue sponde e raccontando la trasformazione del suo paesaggio e in particolare il drastico ridimensionamento subito durante i piani d’irrigazione sovietici.

All’estremità opposta dello spazio espositivo è posto Arslanbob, l’ultimo film di Ismailova, girato nell’omonimo noceto, che si collega ad altre opere della mostra, come la scultura in vetro A Guide (2024), oggetto composto da ossa di una mano umana e da quelle di una zampa di tigre.

In loop ci sono quattro film, di cui il primo è The Haunted (2017), un incontro simbolico con la tigre del Turkestan, estinta in epoca sovietica in seguito al processo di industrializzazione, considerata un archetipo sacro e un messaggero degli antenati, che continua a vivere nella memoria collettiva e nei sogni delle persone.

Il film si alterna a 18,000 Worlds (2023), ispirata alla concezione del filosofo persiano del XII secolo Sohrawardi, secondo cui gli uomini vivono in uno dei 18.000 mondi che compongono l’universo, che riflette sull’idea di resistenza e di speranza di fronte a una globalizzazione inevitabile, presentando mondi e voci differenti.

Dal lato opposto c’è  Chillahona, un’installazione video a tre canali accompagnata da un grande ricamo che traspone elementi del film nel tessuto, come reinterpretazione moderna del ricamo uzbeko noto come falak..

Infine, in un’indagine che abbraccia un mito antico e storia moderna, il film Two Horizons ruota attorno all’idea di vita eterna intrecciando la leggenda del primo sciamano che cercò di raggiungere l’immortalità sfidando la gravità e le vicende della stazione spaziale sovietica di Baikonur.

Installate attorno ai film si trovano nuove opere e interventi dell’artista che esprimono, in forma concreta, le storie e i temi affrontati nelle immagini in movimento.

Attraverso una lunga sovrapposizione di ricordi, paesaggi, tempi e storie diverse, A Seed Under Our Tongue si configura come la storia di un ciclico presente in cui l’uomo trasmette, ma trasforma.